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      Ma parendo al duca d'Urbino le genti che erano in Firenze non essere abbastanza a espugnare il palazzo e giudicando essere pericoloso, se non si espugnasse innanzi alla notte, che il popolo ripreso animo non tornasse di nuovo in su l'armi, deliberò, con consentimento di tre cardinali che erano presenti, Cibo, Cortona e Ridolfi, e del marchese di Saluzzo e de' proveditori viniziani, congregati tutti nella strada del Garbo contigua alla piazza, chiamare una parte delle fanterie viniziane che erano alloggiate nel piano di Firenze vicine alla città. Donde preparandosi pericolosa contesa, perché lo espugnare il palazzo non poteva succedere senza la morte di quasi tutta la nobiltà che vi era dentro, e anche era pericolo che, cominciandosi a mettere mano all'armi e all'uccisioni, i soldati vincitori non saccheggiassino tutto il resto della città, si preparava dí molto acerbo e infelice per i fiorentini; se il luogotenente con presentissimo consiglio non avesse espedito questo nodo molto difficile, perché avendo veduto venire inverso loro Federigo da Bozzole, immaginandosi quel che era, partendosi subito dagli altri, se gli fece incontro per essere il primo a parlargli: della quale cosa, benché paresse di niuno momento, ebbe origine principale il liberarsi quel dí la città di Firenze da cosí evidente pericolo. Era Federigo nel principio del tumulto andato in palagio, sperando di quietare, con l'autorità sua e con la grazia che aveva appresso a molti della gioventú, questo tumulto; ma non facendo frutto, anzi essendogli dette da alcuni parole ingiuriose, non aveva avuto piccola difficoltà a ottenere, dopo spazio di piú ore, che lo lasciassino partire.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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