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      Nondimeno, il settimo dí, il duca, contro all'ordine dato, si dirizzò dallo alloggiamento di Cortona alla volta di Perugia, per arrivare a Todi e poi a Orti, e quivi passato il Tevere unirsi con gli altri. I quali, camminando per il cammino disegnato, sforzorono e saccheggiorono Castello della Pieve, che aveva recusato di alloggiare dentro i svizzeri, con morte di seicento o ottocento uomini di quegli della terra. Per il quale disordine, intenta la gente alla preda, non si condusseno prima che a' dieci dí al ponte a Cranaiuolo, dove ebbeno avviso della perdita di Roma, e agli undici a Orvieto: dove, per consiglio di Federigo da Bozzole, si spinse il marchese di Saluzzo, egli e Ugo de' Peppoli, con grossa cavalcata alla volta del Castello; disegnando egli e Ugo andare insino al Castello, e restando il marchese dietro per fare loro spalle; sperando trovare sprovisti gli imperiali e avere, col subito arrivare, occasione di cavare di Castello il pontefice e i cardinali: sapendosi massime i soldati, per la grandezza della preda, posposti gli altri pensieri, non essere intenti ad altro. Ma il disegno riuscí vano, perché a Federigo, non essendo già molto lontani da Roma, cadde il cavallo addosso, dal quale offeso molto non potette andare piú innanzi; e Ugo presentatosi presso al Castello essendo già fatto il dí, dove l'ordine era dovessino arrivare di notte, si ritirò: conoscendo, secondo diceva egli, scoperta l'occasione, ma secondo diceva Federigo, temendo piú che non sarebbe stato di bisogno.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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