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      Ma non piacendo al duca questa risoluzione, accettò uno partito proposto innanzi al tempo da Guido Rangone, che offeriva con tutti i cavalli e le fanterie ecclesiastiche accostarsi la notte medesima al Castello per fare pruova di trarne il pontefice; pure che il duca d'Urbino col resto dello esercito si conducesse insino alle Tre Capanne per fargli spalle. Ma non si eseguí la notte questo disegno, perché il duca, stimolato dagli altri, cavalcò per riconoscere l'alloggiamento di Montemari: e nondimeno, appropinquatosi la notte, non passò le Tre Capanne. Ma essendosi per questa andata perdute molte ore vanamente, fu necessario differire l'eseguire la deliberazione fatta alla notte futura. Ma il dí medesimo, avendo il duca fatto riferire a certe spie (o vere o subornate) che fussino le trincee fatte in Prati piú gagliarde, che non era la verità, e lo avere rotto (il che anche era falso) in piú luoghi il muro del corridore donde si va dal palazzo di Vaticano a Castello Santo Angelo, per potere, se si scopriva gente, soccorrere subito da piú bande, e proposto da lui molte difficoltà, che tutte furono consentite da Guido e approvate da quasi tutti gli altri capitani, si conchiuse essere cosa impossibile di soccorrere allora il Castello; ributtati agramente dal duca alcuni degli altri capitani che si sforzavano, disputando, di sostentare la contraria opinione. Cosí restava in preda il pontefice, non si rompendo pure solamente una lancia per cavare di carcere colui che per soccorrere altri aveva soldato tanta gente e speso somma infinita di denari e commosso alla guerra quasi tutto il mondo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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