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      Trattossi nondimeno se quel che non si faceva di presente si potesse fare in futuro con maggiori forze: alla qual cosa, proposta dal duca, rispose esso medesimo che indubitatamente soccorrerebbe il Castello qualunque volta nello esercito fusse il numero vero di sedicimila svizzeri, condotti per ordinazione de' cantoni, non computando in questi quegli che allora erano nello esercito, come già fatti inutili per la lunga dimora in Italia; e oltre a' svizzeri, diecimila archibusieri italiani tremila guastatori e quaranta pezzi di artiglieria; ricercando il luogotenente che confortasse il pontefice (che si intendeva avere da vivere per qualche settimana) che aspettasse ad accordarsi tanto che si mettessino insieme queste forze. E replicando il luogotenente che intendeva la proposta sua in caso non si variasse intratanto lo stato delle cose, ma essendo verisimile che, in questo tempo, quegli che erano in Roma, con nuove trincee e fortificazioni, farebbeno il soccorso piú difficile, e anche che del reame di Napoli verrebbeno a Roma le genti che erano state condotte dal viceré in su l'armata, desiderare di sapere che speranza potesse dare al pontefice quando, come era verisimile, succedessino queste cose, rispose che in tale caso si farebbe il possibile; e soggiugneva che congiungendosi le genti che erano a Napoli a quelle di Roma sarebbeno in tutto piú di dodicimila fanti tedeschi e otto in diecimila fanti spagnuoli: però, perdendosi il Castello, non si potere disegnare di vincere la guerra se non si avessino veramente almeno ventidue o ventiquattromila svizzeri.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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