Le quali cose conchiuse, il sestodecimo dí di maggio, egli co' nipoti se ne andò a Lucca; dove pentitosi presto del partito preso con tanta timidità, fece pruova di ritenersi le fortezze di Pisa e di Livorno, le quali erano in mano di castellani confidenti al pontefice; e nondimeno questi, fra pochi giorni, non sperando per la cattività del papa soccorso alcuno, ricevuta anche qualche somma di denari, consegnorono quelle fortezze a' fiorentini. I quali in questo mezzo, avendo ridotta la città al governo popolare, creorono gonfaloniere di giustizia per uno anno, e con facoltà di essere confermato insino in tre anni, Niccolò Capponi, cittadino di grande autorità e amatore della libertà; il quale, desiderando sopra modo la concordia de' cittadini e che il governo si riducesse a forma piú perfetta che si potesse di republica, convocato il prossimo dí il consiglio maggiore, nel quale risedeva la potestà assoluta del deliberare le leggi e di creare tutti i magistrati, parlò in questa sentenza.
Furono gravissime le parole del gonfaloniere e prudentissimi certamente i consigli, a' quali se i cittadini avessino prestato fede sarebbe forse durata piú lungamente la nuova libertà. Ma essendo maggiore lo sdegno in chi ricupera la libertà che in chi la difende, e grande l'odio contro al nome de' Medici per molte cagioni, e massime per avere avuto a sostentare in gran parte co' danari propri le imprese cominciate da loro (perché è manifesto avere i fiorentini speso, nella occupazione e poi nella difesa del ducato di Urbino, ducati piú di cinquecentomila, altanti nella guerra mossa da Leone contro al re di Francia, e nelle cose che succederono dopo la morte sua dependenti da detta guerra ducati trecentomila, pagati a' capitani imperiali e al viceré, innanzi la creazione di Clemente e poi, e ora piú di secentomila nella guerra mossa contro a Cesare), cominciorono a perseguitare immoderatamente quegli cittadini che erano stati amici de' Medici, perseguitare il nome del pontefice.
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