La quale conclusione fatta, fu, il decimo ottavo dí di agosto, giurata e publicata solennemente la pace e la confederazione tra l'uno re e l'altro. Deliberorono che la guerra di Italia si facesse gagliardamente, avendo per obietto principale la liberazione del pontefice, ma rimettendo liberamente i modi e i mezzi del proseguirla nel consiglio di Lautrech; il quale, innanzi alla partita sua, aveva ottenuto dal re tutte l'espedizioni domandate: perché il re si metteva a fare sforzo ultimo, e quasi perentorio. Volle ancora Eboracense che in campo andasse per il suo re il cavaliere Casale, al quale si indirizzassino i trentacinquemila ducati pagava ciascuno mese, per essere certo vi fusse il numero intero degli alamanni. Cosí stabilito il modo della guerra di Italia, e mandate unitamente le risposte in Spagna, partí Eboracense, spedito alla partita sua il protonotario Gambero al pontefice, per confortare a farlo suo vicario universale in Francia in Inghilterra e in Germania, mentre stava in prigione: a che il re di Francia dimostrava consentire ma in segreto contradiceva.
Facevansi intratanto poche fazioni di guerra in Italia, essendo grande l'espettazione della venuta di Lautrech. Perché l'esercito imperiale, disordinato e deposta l'ubbidienza a' capitani, grave agli amici e alle terre arrendute, non si movendo, non era agli inimici di alcuno terrore; i fanti spagnuoli e gli italiani, fuggendo la contagione della peste, si stavano sparsi intorno a Roma; il principe di Oranges con cento cinquanta cavalli era andato a Siena, per quale si voglia cagione; dove prima aveva mandato alcuni fanti, perché il popolo di quella città, sollevato da capi sediziosi, aveva tumultuosamente saccheggiate le case de' cittadini del Monte de' nove e ammazzato Pietro Borghesi, cittadino di autorità, insieme con uno figliuolo e sedici o diciotto altri.
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