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      In Roma restavano solamente i tedeschi pieni di peste; i quali essendo stati sodisfatti con grandissima difficoltà dal pontefice de' primi cento cinquantamila ducati, parte con danari parte con partiti fatti con mercatanti genovesi sopra le decime del regno di Napoli e sopra la vendita di Benevento, dimandavano, per il resto de' denari dovuti, altre sicurtà e altro assegnamento che la imposizione in su lo stato ecclesiastico, cose impossibili al pontefice incarcerato; [e] dopo molti minacci fatti agli statichi, e il tenergli incatenati con grandissima acerbità, gli condussono ignominiosamente in Campo di Fiore, dove rizzate le forche, come se incontinente volessino prendere di loro quello supplicio. Uscirono dipoi tutti di Roma senza capitani di autorità, per allargarsi e rinfrescarsi piú che per fare fazioni di importanza: e avendo saccheggiato le città di Terni e Narni, Spuleto si accordò di dare loro passo e vettovaglia. Però l'esercito de' collegati, per sicurtà di Perugia, andò ad alloggiare a Pontenuovo di là da Perugia; il quale prima alloggiava in sul lago di Perugia, ma diminuito, rispetto alle obligazioni de' collegati, molto di numero; perché col marchese di Saluzzo erano trecento lancie e trecento arcieri franzesi tremila svizzeri e mille fanti italiani, col duca d'Urbino cinquanta uomini d'arme trecento cavalli leggieri mille fanti alamanni e dumila italiani: scusandosi, impudentemente e contro alla verità, i viniziani, che supplivano alle loro obligazioni con le genti tenevano nel ducato di Milano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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