Ne' quali dí ancora, certi fanti condotti dagli Adorni per mettergli in Genova furno rotti a Priacroce, luogo situato in quei monti. Questa calamità, oltre a tante altre perdite e danni di vari legni, privò i genovesi, ridotti in ultima estremità, totalmente di speranza di potersi piú sostenere; non ostante che ne' medesimi dí Cesare Fregoso, accostatosi a San Piero della Arena, fusse stato costretto a ritirarsi: ma spaventandogli piú la fame che le forze degli inimici, costretti dalla ultima necessità, mandorno a Lautrech imbasciadori a capitolare. Ritirossi Antoniotto Adorno doge nel Castelletto; e posati i tumulti, per opera massime di Filippino Doria che vi era prigione, la città ritornò sotto il dominio del re di Francia, il quale vi deputò governatore Teodoro da Triulzi. Ma il Capella scrive che, infestando Cesare Fregoso Genova per terra, Andrea Doria con diciassette galee aveva rinchiuso certe navi cariche di frumenti in uno porto tra Genova e Savona; e mandando i genovesi sei galee per soccorrerle, il vento spinse Andrea Doria a Savona: però le navi andorno a Genova, e i soldati uscirno fuora contro al Fregoso. Col quale mentre combattevano, il popolo genovese cominciò a chiamare Francia; e ritornando i soldati dentro a fermare il tumulto, gli inimici seguitandogli entrorno nella città con loro.
Accostossi dipoi Lautrech ad Alessandria, avendo nell'esercito suo la condotta di ottomila svizzeri, i quali continuamente diminuivano, diecimila fanti di Pietro Navarra e tremila guasconi, condotti di nuovo in Italia dal barone di Bierna, e tremila fanti del duca di Milano.
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