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      La città andò a sacco, e vi fu per otto dí continui usata da' franzesi crudeltà grande e fatti molti incendi, per memoria della rotta ricevuta nel barco. Disputossi poi se era da andare alla impresa di Milano o da procedere verso Roma. Instavano i fiorentini che andasse innanzi, per timore che, fermandosi Lautrech in Lombardia, lo esercito imperiale non uscisse di Roma a' danni loro; contradicevano i viniziani e il duca di Milano, venuto personalmente a Pavia a fare questa instanza, allegando la opportunità grande che si aveva di pigliare Milano e il profitto che se ne traeva ancora alla impresa di Napoli, perché preso Milano non restava speranza agli imperiali di avere soccorso di Germania, ma restando aperta questa porta si aveva sempre a temere che, venuto da quella banda grosso esercito, o non mettesse in pericolo Lautrech o non lo divertisse dalla impresa di Napoli: il quale rispose essere necessitato a andare innanzi per i comandamenti del suo re e del re d'Inghilterra, che principalmente l'avevano mandato in Italia per la liberazione del pontefice. Alla quale deliberazione si crede lo potesse indurre il sospetto che, se si acquistava il ducato di Milano, i viniziani, riputandosi assicurati dal pericolo della grandezza di Cesare, non fussino negligenti ad aiutarlo alla impresa del regno di Napoli; e forse non meno il parere al re essere utile alle cose sue che Francesco Sforza non ricuperasse interamente quello stato, acciò che, restando a lui facoltà di offerire di lasciarlo a Cesare, conseguisse piú facilmente la liberazione de' figliuoli per via di accordo: il quale continuamente si trattava, appresso


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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