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      Entrò anche il marchese di Mantova, per la instanza di Lautrech, nella confederazione, benché prima si fusse condotto agli stipendi di Cesare.
      Ma era in questo tempo indebolito molto l'altro esercito de' confederati, il quale stette ozioso molti dí tra Fuligno, Montefalco e Bevagna; del quale il duca di Urbino, intesa la custodia che si faceva in Vinegia della moglie e del figliuolo, partitosi contro alla commissione del senato per andare in poste a giustificarsi, ricevuto in cammino avviso della loro liberazione, e che il senato sodisfatto di lui desiderava non andasse piú innanzi, ritornò allo esercito: nel quale i svizzeri e i fanti del marchese non erano pagati; e i viniziani, né quivi né in Lombardia, dove erano obligati a tenere novemila fanti, ne tenevano la terza parte. Ritiroronsi di poi in quello di Todi e all'intorno; e gli spagnuoli, alla fine di novembre, erano verso Corneto e Toscanella; i tedeschi a Roma, a' quali era ritornato il principe di Oranges da Siena: dove, andato vanamente per riordinare quello governo, dimorò poco. Né si dubita, che se l'esercito imperiale si fusse fatto innanzi, che il duca di Urbino e il marchese di Saluzzo si sarebbono ritirati con l'esercito alle mura di Firenze; benché per iattanza spesso parlassino che, per impedire a loro la venuta in Toscana, farebbeno uno alloggiamento o tra Orvieto e Viterbo o nel territorio sanese, verso Chiusi e Sartiano. Ma Lautrech, non ostante fussino arrivati i fanti tedeschi, procedendo, per la espettazione della pratica della pace, con la consueta tardità, si era fermato a Parma: nella quale città, benché vi fussino i cardinali, ridotte in potestà sua le fortezze, e riscossi da tutt'a due quelle città e de' territori loro circa cinquantamila ducati, si credeva che avesse in animo non solo tenere in potestà sua Parma e Piacenza ma, perché Bologna dependesse dalla autorità del re, volgere il primato di quella città nella famiglia de' Peppoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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