Quivi don Ugo, ferito nel braccio e coperto, mentre confortava i suoi, da' sassi e da' fuochi gittati dagli alberi delle galee inimiche, combattendo fu morto; quivi la capitana di Filippino e la Mora spacciorno la capitana di don Ugo, l'altre due con l'artiglierie affondorono la Gobba, dove morí il Fieramosca; intratanto l'altre galee di Filippino avevano ricuperato due delle loro oppressate dalle spagnuole, e prese le loro fuste; due sole delle spagnuole, veduto la vittoria essere degli inimici, male trattate, con fatica fuggirono. Nel quale tempo il marchese del Guasto e Ascanio, affogata quasi e ardente la loro galea, rotti i remi, morti quasi tutti ed essi feriti, furono fatti prigioni, salvandogli dalla morte lo splendore dell'armi indorate. Restorno presi venti condottieri, molti padroni delle galee. E giovò assai a Filippino il liberare i forzati, la piú parte turchi e mori, che combatterno eccellentemente. I prigioni furno mandati da Filippino con tre galee al Doria; e una delle due galee, che si era salvata, passò pochi dí poi da' franzesi, perché il padrone, che era uno marchese Doria regnicola, fu imputato dagli spagnuoli di mancamento nella battaglia. Ma scrisse l'oratore fiorentino a Firenze, conformandosi nelle altre cose, che la battaglia durò da ore ventidue insino a due ore di notte, e che gli imperiali oltre alle sei galee avevano undici vele minori cariche di soldati; che da principio furono prese due galee franzesi, con morte quasi di tutti; ma che l'artiglieria, della quale i franzesi erano superiori, messe in fondo due galee, due altre con alcune fuste furono prese, e morta o ferita la piú parte delle ciurme e de' soldati; e che in una non ne restorono non feriti piú che tre; l'altre due, dove era Curradino co' tedeschi, molto danneggiate fuggirono a Napoli.
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