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      Non prestò il Doria orecchi a queste offerte, giustificando la partita sua dal re con le querele; donde Barbigios fu forzato, con detrimento grande delle cose del reame di Napoli, soprastare a Savona: nondimeno, passando poi piú innanzi, lasciò per la guardia di Genova cinquecento fanti a dieci miglia appresso a quella città, perché dentro era peste grandissima; e per la medesima cagione pose in terra, trenta miglia appresso a Genova, mille dugento fanti tedeschi venuti nuovamente: i quali avevano avuta la prima paga da' franzesi, ma per non avere i viniziani pagata la seconda, come erano obligati, fu necessario che il Triulzio governatore di Genova gli provedesse.
      In queste agitazioni del Doria, il pontefice, presentendo quel che trattava con Cesare, significò il vigesimo primo dí di giugno la cosa a Lautrech, dimandandogli il consenso di condurlo agli stipendi suoi per privarne Cesare, e affermandogli che Filippino con le galee partirebbe tra dieci dí da Napoli: perciò Lautrech restituí a Filippino, per non lo esasperare, il secretario Serone, ritenuto sempre per avere lume da lui di molte cose secrete; e nondimeno, per sospetto già conceputo del pontefice, interpetrò sinistramente lo avviso suo. Finalmente Andrea Doria, benché Barbigios, nel passare innanzi con l'armata, che era di diciannove galee due fuste e quattro brigantini e vi era su il principe di Navarra, avesse parlato seco, non dissimulando piú quel che aveva in animo di fare, mandò uno uomo suo a Cesare in compagnia del generale, creato cardinale, mandato dal pontefice, a stabilire le sue convenzioni; le quali furono: la libertà di Genova sotto la protezione di Cesare, la suggezione di Savona a' genovesi, venia a lui che tanto aveva perseguitato il nome spagnuolo, condotto a servizio di Cesare con dodici galee e per soldo sessantamila ducati l'anno; e con altri patti molto onorevoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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