Restorono morti piú di cento e altrettanti presi, tra' quali parecchi gentiluomini franzesi smontati dall'armata; e fu preso anche Ciandalé nipote di Saluzzo: nondimeno, i denari si condusseno salvi. E fu attribuito il disordine a' cavalli franzesi, molto inferiori di virtú a' cavalli degl'inimici: donde si diminuiva l'animo a' fanti dello esercito, conoscendo non potersi fidare del soccorso de' cavalli.
Ma aveva nociuto sommamente all'esercito la infermità di Lautrech, il quale benché si sforzasse di sostentare con la virtú dell'animo la debolezza del corpo nondimeno non poteva né vedere né provedere a tutte le cose, le quali continuamente declinavano; perché gli imperiali, scorrendo fuori, non solo si provedevano di tutti i bisogni, eccetto il vino che non potevano condurre, ma toglievano spesso le vettovaglie dello esercito, toglievano le bagaglie e i saccomanni insino in su' ripari e i cavalli insino allo abbeveratoio; in modo che allo esercito, diminuito molto per le infermità, cominciavano a mancare le cose necessarie, diventato di assediante, assediato e in pericolo; e se non si fusse fatto guardia a' passi tutti i fanti sarebbeno fuggiti: e per contrario in Napoli, crescendo e le comodità e la speranza, i tedeschi non piú tumultuavano, e gli altri pigliavano in gloria il patire. Da' quali pericoli tanto manifesti vinta pure finalmente la pertinacia di Lautrech (il quale, pochi dí innanzi, aveva spedito in Francia perché mandassino per mare semila fanti), mandò Renzo, venuto credo in su l'armata, verso l'Aquila perché conducesse quattromila fanti e secento cavalli, assegnandogli il tesoriere dell'Aquila e dello Abruzzi; il quale prometteva condurgli in campo in brevi dí; provisione che, fatta prima, sarebbe stata di somma utilità.
| |
Ciandalé Saluzzo Lautrech Napoli Lautrech Francia Renzo Aquila Aquila Abruzzi
|