Succedé che, a' ventuno di ottobre, [Savona], veduto che Montigian non vi era potuto entrare, s'arrendé in caso che fra certi dí non fusse soccorsa. Però San Polo, desideroso di soccorrerla ma avendo da sé in tutto mille fanti, dimandò tremila fanti al duca d'Urbino e al duca di Milano; i quali gliene mandorono milledugento, in modo la lasciò perdere. E il Castelletto di Genova si arrendé per la fame: il quale acquistato fu spianato da' genovesi, e pieno di sassi il porto di Savona, per renderlo inutile.
I quali, con la autorità di Andrea Doria, stabilirono in quella città uno governo nuovo, trattato prima, sotto nome di libertà; la somma del quale fu che da uno consiglio di quattrocento cittadini si creassino tutti i magistrati e degnità della loro città, e il doge principalmente e il supremo magistrato, per tempo di due anni; levata la proibizione a' gentiluomini, che prima per legge ne erano esclusi. Ed essendo il fondamento piú importante a conservare la libertà che si provedesse alle divisioni de' cittadini, le quali vi erano state lungamente maggiori e piú perniciose che in altra città di Italia (con ciò sia che non vi fusse una divisione sola, ma la parte de' guelfi e l'opposita de' ghibellini, quella tra i gentiluomini e i popolari, né anche i popolari tra loro di una medesima volontà, e la fazione molto potente tra gli Adorni e i Fregosi; per le quali divisioni si poteva credere che quella città, opportunissima per il sito e per la perizia delle cose navali allo imperio marittimo, fusse stata depressa e molto tempo in quasi continua soggezione), però per medicare dalle radici questo male, spenti tutti i nomi delle famiglie e de' casati della città, ne conservorono solamente il nome di ventotto delle piú illustri e piú chiare, eccettuate l'Adorna e la Fregosa, che del tutto furono spente.
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