Erano nell'esercito viniziano secento uomini d'arme mille cavalli leggieri e quattromila fanti, benché fussino obligati a tenerne dodicimila; il quale esercito prese, il sesto dí di aprile, Casciano per forza e la rocca a discrizione: e Antonio de Leva e il Torniello, usciti di Milano per divertire, vi si ritirorono. Succedette la passata de' fanti spagnuoli, che erano mille dugento, del genovese a Milano; per impedire la quale si erano fatte tante pratiche e tante consulte. Perché, avendo creduto San Polo e i viniziani che e' tentassino di passare per il tortonese e lo alessandrino, partiti da Voltaggio, preseno, per ordine del Belgioioso, cammino piú lungo per la montagna di Piacenza e luoghi sudditi alla Chiesa; ed essendo venuti a Varzi nella montagna predetta, non ostante che San Polo inviasse in là centocinquanta cavalli, e desse avviso del cammino loro a Lodi e alle genti de' viniziani (i quali, per ovviare, mandorono parte delle loro genti al duca di Milano, ma piú tardi uno giorno di quello che era necessario e minore numero di quelle che avevano promesso), passorono di notte il Po ad Arena, serviti di navi di Piacenza (né si poteva piú ovviare l'unione loro col Leva, che per facilitarla era venuto a Landriano, dodici miglia da Pavia); e condottisi a Milano, essendo sí poveri d'ogni cosa che si conveniva loro il nome di bisognoso, accrebbeno le calamità de' milanesi, spogliandogli insino per le strade. Cosí restorono vani i disegni de' franzesi e de' viniziani, di tutta la vernata, che erano stati di impedire la passata di questi fanti, pigliare Gavi e i luoghi circostanti per conto di Genova, e Case, che faceva danno grande a tutto il paese.
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