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      Però il principe, fattosi innanzi, batté e dette l'assalto al borgo di Cortona che va a l'Orsaia, nella quale città erano settecento fanti; e ne fu ributtato. In Arezzo era maggiore numero di fanti; ma Antoniofrancesco degli Albizi, commissario, inclinato ad abbandonarlo per paura che il principe, presa Cortona, lasciato indietro Arezzo, non andasse alla volta di Firenze, e che prevenendo a quelle genti che erano seco in Arezzo, la città, mancandogli la piú pronta difesa che avesse, spaventata non si accordasse; però senza consenso publico, se bene forse con tacita intenzione del gonfaloniere, si partí da Arezzo con tutte le genti, lasciati solamente dugento fanti nella fortezza: ma giunto a Feghine, per consiglio di Malatesta, che era quivi e approvava il ridurre le forze alla difesa di Firenze, rimandò mille fanti in Arezzo perché non restasse abbandonato del tutto. Ma a' diciasette dí, Cortona, alla difesa della quale sarebbeno bastanti mille fanti, non vedendo provedersi per i fiorentini gagliardamente, e inteso anche forse la titubazione di Arezzo, si arrendé, ancora che poco stretta dal principe; col quale compose di pagargli ventimila ducati. La perdita di Cortona dette cagione a' fanti che erano in Arezzo, non si reputando bastanti a difenderlo, di abbandonare quella città: la quale, a' diciannove dí, si accordò anche ella col principe: ma con capitoli e con pensieri di reggersi piú presto da se stessa in libertà sotto l'ombra e protezione di Cesare che stare piú in soggezione de' fiorentini, dimostrando essere falsa quella professione che insino allora avevano fatto di essere amici della famiglia de' Medici e inimici del governo popolare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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