E aveva anche quel duca saputo conciliarsi in modo gli animi di quegli che potevano appresso a Cesare che non gli mancavano fautori grandi in quella corte.
Restavano i due articoli piú importanti e piú difficili, de' viniziani e di Francesco Sforza; la concordia de' quali, massime quella di Francesco, se bene non fusse secondo la inclinazione con la quale prima [Cesare] era venuto in Italia, nondimeno, trovando alle cose maggiore difficoltà che non si era immaginato in Spagna, e vedendo difficile ad acquistare lo stato di Milano, dopo la congiunzione che aveva fatto Francesco vo' viniziani, trovandosi in spesa grossissima per tante genti che aveva condotto di Spagna e di Germania, non era piú nella pristina durezza; massime che dal fratello e da molti era, per i tumulti de' luterani e per altri semi che apparivano di nuove cose, sollecitato a passare in Germania; dove ancora poteva credere che a qualche tempo ritornerebbero i turchi; massime che era notissimo che Solimanno, acceso dallo sdegno e dalla ignominia, aveva al partirsi da Vienna giurato che presto vi ritornerebbe molto piú potente. E parendo a Cesare non solo mal sicuro ma meno onorevole il partirsi di Italia, lasciando le cose imperfette, cominciò a inclinare l'animo a concordare non solo co' viniziani, ma eziandio di perdonare a Francesco Sforza; a che instava molto il pontefice, desideroso della quiete universale; e anche perché le cose di Cesare, disoccupate dall'altre imprese, si volgessino contro a Firenze. Riteneva Cesare piú che altro il parergli non fusse con sua degnità il credersi che quasi la necessità lo inducesse a perdonare a Francesco Sforza; e Antonio de Leva, che era con lui a Bologna, faceva ogni instanza perché di quello stato si facesse altra deliberazione, proponendo ora Alessandro nipote del papa ora altri: nondimeno, essendo difficoltà di collocare quello stato in persona di chi Italia si contentasse, né avendo il papa inclinazione a pensarvi per i suoi, non essendo cosa che si potesse spedire se non con nuove guerre e con nuovi travagli, Cesare, in ultimo, inclinando a questa sentenza, consentí di concedere a Francesco Sforza salvocondotto, sotto nome di venire a lui a giustificarsi ma in fatto per ridurre le cose a qualche composizione; consentendo ancora i viniziani alla venuta sua, perché speravano che in uno tempo medesimo si introducesse la concordia delle cose loro.
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