E nondimeno non cessavano però l'armi in Lombardia; perché il Belgioioso, il quale per l'assenza di Antonio de Leva era restato capo a Milano, andò con settemila fanti a campo a Santo Angelo, dove erano quattro compagnie di fanti viniziani e di Milano; e avendolo battuto con l'occasione di una pioggia continua che faceva inutili gli archibusi, che allo scoperto difendevano il muro, accostato i suoi, appoggiati agli scudi e con le spade e picche, dette l'assalto, accostandosi anche egli valentemente con gli altri: ma non potendo quegli di dentro tenere in mano le corde da dare il fuoco, ed essendo necessitati gittargli in terra e combattere con altre armi, sbigottiti cominciorono a ritirarsi e ad abbandonare le mura; in modo che, entrati dentro gli inimici, restorono tutti o morti o prigioni. Disegnò poi andare di là da Adda, e passata già parte dello esercito per il ponte fatto a Casciano, alcune compagnie de' nuovi spagnuoli si partirono per andare a Milano; ma lui prevenendogli, fece pigliare l'armi alla terra, in modo che non potendo entrare ritornorono indietro allo esercito.
Ma già, non ostante queste cose e lo essere i tedeschi ne' terreni de' viniziani, si strignevano talmente le pratiche della pace che raffreddavano tutti i pensieri della guerra. Perché Francesco Sforza, presentatosi, subito che arrivò in Bologna, al cospetto di Cesare, e ringraziatolo della benignità sua in avergli conceduto facoltà di venire a lui, gli espose confidare tanto nella giustizia sua che, per tutte le cose succedute innanzi che il marchese di Pescara lo rinchiudesse nel castello di Milano, non desiderava altra sicurtà o presidio che la innocenza propria; e che perciò, in quanto a queste, rinunziava liberamente il salvocondotto; la scrittura del quale avendo in mano la gittò innanzi a lui, cosa che molto sodisfece a Cesare.
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