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      el tutto e lasciato vacue tutte le terre e dominio fiorentino, se ne andò in quel di Siena per riordinare il governo di quella città; e Malatesta Baglione, concedendogli il papa il ritornare in Perugia, non aspettata altra dichiarazione di Cesare, lasciò la città libera in arbitrio del pontefice.
      Dove, come furono partiti tutti i soldati, cominciorono i supplizi e le persecuzioni de' cittadini: perché quegli in mano di chi era il governo, parte per assicurare meglio lo stato, parte per lo sdegno conceputo contro agli autori di tanti mali e per la memoria delle ingiurie ricevute privatamente, ma principalmente perché cosí fu (benché lo manifestasse a pochi) la intenzione del pontefice, interpretorono, osservando forse la superficie delle parole ma cavillando il senso, che il capitolo per il quale si prometteva la venia a chi avesse ingiuriato il pontefice e gli amici suoi non cancellasse le ingiurie e i delitti commessi da loro nelle cose della republica. Però, messa la cognizione in mano de' magistrati, ne furono decapitati sei de' principali, altri incarcerati e relegatine grandissimo numero. Per il che essendo indebolita piú la città, e messi in maggiore necessità quegli che avevano partecipato in queste cose, restò piú libera e piú assoluta e quasi regia la potestà de' Medici in quella città, restata per sí lunga e grave guerra esaustissima di denari, privata dentro e fuora di molti abitatori, perdute le case e le sostanze, e piú che mai divisa in se medesima: la quale povertà fece ancora maggiore la necessità di provedere, per piú anni, di paesi esterni alle vettovaglie del paese.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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