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      Nelle quali cose avendo sodisfatto al papa forse piú che alla facoltà concessagli nel compromesso, lo offese incontinente in cosa che gli fu molto grave. Perché, poi che da piú dottori, a' quali l'aveva commesso, fu udita ed esaminata la controversia tra il pontefice e il duca di Ferrara, sopra la quale erano stati per tutt'e due le parti prodotti molti testimoni e scritture e fatto lungo processo, pronunziò per consiglio e relazione loro, Modena e Reggio con quelle terre appartenersi di ragione al duca di Ferrara; e che il pontefice, ricevuti da lui centomila ducati e ridotto il censo al modo antico, lo rinvestisse della giurisdizione di Ferrara. Sforzossi Cesare fare capace al papa che se, contro alla promessa fattagli in Bologna (di non pronunziare in caso trovasse la causa sua non essere giusta), aveva pronunziato, doversi lamentare non di sé ma del vescovo di Vasone nunzio suo; al quale non aveva mancato di fare intendere che non voleva lodare per non essere costretto a dargli il giudizio contro, ma che egli, persuadendosi il contrario, e che questo si dicesse per scaricarsi dalla promessa fattagli di lodare se le ragioni erano per lui, aveva fatto tanta instanza che si pronunziasse che era stato necessitato di farlo per conservazione dell'onore suo: la quale scusa sarebbe stata piú capace se il giudizio non fusse stato in quel medesimo effetto nel quale Cesare aveva tentato molte volte di ridurre la cosa per concordia. Ma offese ancora molto piú il pontefice il vedere che Cesare, nel pronunziare sopra le cose di Modena e Reggio, aveva seguitato la via di giudice rigoroso; ma in quelle di Ferrara, nelle quali il rigore era manifestamente per sé, aveva seguitato l'uffizio di amicabile compositore.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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