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      Ma riuscirono gli effetti molto dissimili alla fama e al terrore. Perché Solimanno, entrato tardi in Ungheria, non avendo potuto arrivarvi prima per la grandezza degli apparati e per la distanza del cammino, non andò dirittamente con l'esercito alla volta di Cesare, ma mostrata solamente la guerra e fatta una grossa scorreria se ne ritornò in Costantinopoli: né si dimostrò anche in Cesare maggiore prontezza, perché, inteso l'avvicinarsi de' turchi, non si fece loro incontro, e come intese la ritirata non ebbe pensiero di proseguire con tutte le forze l'occasione dell'acquistare per il fratello l'Ungheria; ma ardente di desiderio di ritornare in Spagna, ordinò che i fanti italiani con certo numero di tedeschi andassino alla impresa d'Ungheria. Ma gli fu disordinato anche questo disegno; perché i fanti italiani, sollevati da qualcuno de' capi loro che veddeno preposti altri capitani a quella impresa, ammutinati, non sapendo allegare cagione del loro tumulto, né bastando a placargli l'autorità di Cesare che andò in persona a parlare loro, preseno unitamente il cammino di Italia, camminando con grandissima celerità per timore di non essere seguitati, e per il cammino ardendo molte ville e case come terre degli inimici, in vendetta (secondo dicevano) degli incendi fatti da' tedeschi in Italia.
      Era già anche Cesare voltatosi al cammino di Italia; e avendo disegnato con che ordine e in che alloggiamento dovesse procedere la sua corte e tutto il suo traino, il cardinale de' Medici, mosso da impeto giovinile, non volendo stare a quell'ordine che era dato, si spinse innanzi, e con lui Piermaria Rosso, a chi principalmente si attribuiva la colpa di quella sedizione: donde sdegnato Cesare, o perché attribuisse l'origine di quella cosa al cardinale o perché (secondo disse) temesse che il cardinale, che era malcontento che Alessandro suo cugino fusse proposto allo stato di Firenze, non andasse dietro a quegli fanti per condurgli a turbare le cose di là, fece in cammino ritenere il cardinale e con lui Piermaria; ma considerando poi meglio la importanza della cosa, scrisse subito che fusse liberato, e ne fece seco e col papa molte escusazioni.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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