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      Fanne fede la amicizia ed el credito grande che ebbe con molti principi in Italia e fuori di Italia; con Innocenzio, col re Ferrando, col duca Galeazzo, col re Luigi di Francia, infino al Gran turco, al Soldano, dal quale negli ultimi anni della sua vita fu presentato di una giraffa, di uno lione e di castroni; che non nasceva da altro che da sapere lui con gran destrezza ed ingegno trattenersi questi principi. Fanne fede, apresso a chi lo udí, e' parlari sue publichi e privati, tutti pieni di acume ed arguzia grande, co' quali in molti luoghi e tempi, e massime nella dieta di Cremona, si fece acquisto grandissimo. Fanne fede le lettere dettate da lui, piene di tanto ingegno che piú non si può desiderarne; le quale cose tanto parvono piú belle, quanto furono accompagnate da una eloquenzia grande e da uno dire elegantissimo.
      Ebbe buono giudicio e di uomo savio, e nondimeno non di qualità da potersi paragonare collo ingegno; e furono notate in lui piú cose temerarie: la guerra di Volterra, che per volere sgarare e' volterrani in quegli allumi, gli constrinse a ribellarsi ed accese un fuoco da mettere sottosopra tutta Italia, benché el fine fussi buono; doppo la novità del 78, se si portava dolcemente col papa e col re, non arebbono forse rottogli guerra, ma el volere procedere come ingiuriato e non volere dissimulare la ingiuria ricevuta, potettono essere cagione della guerra con grandissimo danno e pericolo della città e suo; l'andata a Napoli fu tenuta deliberazione troppo animosa e troppo corsa, sendosi messo nelle mani di uno re inquietissimo infedelissimo ed inimicissimo suo, e se bene la necessità della pace, in che era la città e lui, lo scusi, nondimeno fu opinione l'arebbe potuta fare standosi in Firenze, con piú sua sicurtà e non con meno vantaggio.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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