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      E' pisani potendosi male difendere da noi, si raccomandorono alla lega, e sendo accettati, vi entrorono in nome della lega gente del duca e de' viniziani; e poco di poi el duca, o per inviluppare e' viniziani in piú imprese e cosí consumargli in sulla spesa grande, o per altra cagione, gli richiese che soli rimanessino a Pisa. La quale cosa sendo consultata assai a Vinegia, e contradetta da messer Filippo Trono e molti altri gentiluomini vecchi a' quali non piaceva entrare in tanti viluppi, e da altra parte confortata assai da messer Augustino Barbarigo doge e da' suoi sequaci, e' quali erano assai e piú giovani, finalmente si deliberò accettarla, e cosí e' viniziani, uscendosene el duca, rimasono soli in Pisa con titolo di guardarla per la lega, in nome conservando a' pisani la libertà, in fatto insignoritisi delle fortezze e disponendone a arbitrio loro. Fumo di poi tentati istantemente dalla lega, desiderando e' signori collegati unire Italia per tôrre ogni pensiero al re Carlo di ritornarci; la quale cosa non fu acconsentita perché non ci volevano rendere Pisa, e non riavendo Pisa, non era a proposito della città la unione di Italia; anzi la disunione ci era utile e la passata del re Carlo ed ogni tumulto, e massime che el re Carlo tutto dí diceva agli oratori nostri (che vi era el vescovo de' Soderini e Giovacchino Guasconi) volere ritornare in Italia e che cognosciuti tanti segni della fede nostra, e cosí e contra la perfidia de' viniziani e del duca, volerci ristorare di tanti affanni e punire loro delle ingiurie gli avevano fatte.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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