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      Spacciato lo stato di Milano, la città nostra rimase molto ambigua ed in aria, perché, avanti che le genti del re scendessino in Italia, sendo richiesti dal re capitolare seco contro al duca di Milano, l'avevano sempre recusato, allegando non poterlo fare perché el duca guasterebbe loro la impresa di Pisa, pure strignendoli, si gli era secretamente promesso di non gli essere contro, con speranza che espedite le cose di Pisa, si procederebbe piú là. Venute di poi le gente sua in Italia, strignendo ogni di piú lui la declarazione, la città se ne risolve tanto adagio, che lui acquistò prima Milano che se ne facessi conclusione alcuna, nondimeno gli oratori nostri feciono seco in Lione una bozza di appuntamento con condizione assai ragionevole, con riservo che fra tanti giorni avessi a essere approvato dalla città.
      Nel qual tempo sendo già venuto el re in Italia e parendogli; per essere le condizione sua migliore, da potere trarre da noi piú somma di danari, o perché gli fussi fatte sinistre relazione di noi che ci intendessimo col duca di Milano, stimulato ancora da' viniziani inimicissimi nostri e da messer Gian Iacopo da Triulzi al quale e' pisani aveano offerto el dominio di Pisa, e lui ne ricercava el consenso del re, mutò le condizione di quello si era ragionato in Francia, in modo che innanzi si facessi conclusione, furono le difficultà molte ed e' trattati lunghi; pure finalmente si fece conclusione, intervenendovi per la città con libera commissione gli oratori vecchi ed e' nuovi che erano stati mandati a congratularsi: messer Francesco Gualterotti, Lorenzo Lenzi ed Alamanno Salviati.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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