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      E scrisse a Ciamonte espedissi con ogni prestezza le gente di arme che erano nello stato di Milano alla volta di Toscana, e perché le non passavano la somma di dugento lancie, dette ordine mandare nuove gente in Lombardia; scrisse allo oratore suo che era a Roma, che con ogni instanzia dimostrassi al papa quanto questo insulto gli dispiaceva, e lo confortassi a volere levare le gente de' terreni nostri, altrimenti lo tratterebbe da inimico; mandò un suo araldo in Toscana con lettere a Vitellozzo, a Pandolfo, a Giampaolo, agli Orsini, a comandare loro che ci restituissino le cose nostre ed uscissino del nostro: se non, che gli perseguiterebbe come inimici capitali, disse allo oratore avisassi a Firenze la sua ottima disposizione e gli apparati pronti, e soggiugnessi guardassino bene el guscio della città propria perché, quando bene perdessino tutto el resto del dominio, lui lo renderebbe loro.
      In questo mezzo si soldò a Firenze molti condottieri, de' quali nessuno accettò, eccetto Morgante Baglioni cugino di Giampaolo; ma sendogli proibito dal papa e Valentino, differí piú dí, pure finalmente per osservare la fede, come uomo franco, si metteva in ordine e voleva venire in ogni modo; ma Giampaolo, veduto che e' si faceva innanzi e dubitando che per questa condotta non acquistassi lo appoggio nostro, lo fece occultamente avvelenare. Erano intanto le gente nostre venute in Valdarno, e perché gli inimici erano sí ingrossati in Arezzo che avevano molto vantaggio di numero e di buoni capi, non vollono per paura andare piú innanzi; in modo che quegli della cittadella di Arezzo, che avevano insino allora fatta buona resistenzia e portatisi virilmente con somma laude del vescovo de' Pazzi che vi era drento abandonati da speranza di soccorso e non avendo piú che mangiare, furono constretti a arrendersi, salve le persone di tutti eccetto che di nove, e' quali avessino a rimanere prigioni di Vitellozzo a sua elezione.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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