Erano intanto e' Vitelli ritornati in Castello, Giampaolo in Perugia, el duca Guido da Montefeltro in Urbino, gli Orsini negli stati loro; in Piombino entrò gente e commessari in nome della città nostra, e' quali potendolo ritenere per noi, lo restituirono, di commessione publica, a quello signore. Solo gli stati di Romagna stavano fermi ne' quali certo, se fussi stato sano, si sarebbe conservato perché gli aveva messo a governo di quegli popoli, uomini che gli avevano governati con tanta giustizia ed integrità, che era sommamente amato da loro, aggiugnevasi che arebbono avuto favore da' fiorentini, e' quali dubitavano che e' viniziani non si insignorissino di qualcuno di quegli stati. Ma non potendo per la infermità venire in quella provincia, Pesero e Rimino richiamorono e' signori sua, Imola e Furli si dettono al pontefice, benché la ròcca fussi un pezzo tenuta in nome di uno castellano spagnuolo che vi era drento, che cercava darla con suo vantaggio.
Restava Faenza nella quale tenevano pratiche e cogli uomini e col castellano e' viniziani; tenevanvi pratiche e' fiorentini, e' quali cercavano per alcuni vi erano rimasti de' Manfredi, non tanto per amore loro, quanto perché la non venissi in mano de' viniziani ed a questo effetto avevano mandato commessario a Castracaro Giovan Batista Ridolfi; ma finalmente era la cosa ridotta in termini, benché io per non essere stato in quegli tempi a Firenze non abbia notizia del particulare, che con poca spesa e' fiorentini facevano di quella città quello che volevano, e si conchiudeva pe' savi cittadini che si facessi a ogni modo per levare a' viniziani la oportunità di quella città, della quale si varrebbono assai per le altre cose di Romagna e per le cose nostre per essere in su' confini nostri e presso alla città a meno di trenta miglia.
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