E però bisognare tre cose alla vittoria di Pisa: una, uno valente capo, e questo non essere messer Ercole, tenuto uomo prudente e di grande giudicio a disegnare, ma di poco animo e male atto a mettere a esecuzione, e se bene aveva rotto Bartolomeo d'Albiano, che la sorte di uno dí non doveva avere tanta efficacia che scancellassi la opinione s'aveva di lui fondata in su e' sua processi di molti anni; la seconda uno esercito grosso, massime di buone e pratiche fanterie la quale cosa non era possibile, e per la difficultà che avevamo da fare danari e perché rispetto alla scarsità del tempo bisognava con prestezza esservi a campo; la terza, potervi stare a campo tanti dí che, se non el primo impeto, almeno la lunghezza gli domassi, e questo non si potere fare, sí per la stagione del tempo, che si guasterebbe ragionevolmente presto poi che el campo vi fussi giunto, quale non vi poteva essere prima che a' sei o otto dí di settembre, sí perché vi verrebbe aiuti da Consalvo co' quali poi si difenderebbono francamente. Essere meglio, in sulla riputazione della vittoria fresca, volgere le gente in quello di Siena, dove era entrata tanta paura e viltà, che scorsa e predata sanza riparo quella Maremma e presa Massa o qualche altra terra grossa in pegno di Montepulciano, facilmente si muterebbe lo stato di Siena; e di poi, voltisi in quello di Lucca, fare e' medesimi effetti e condurgli a qualche accordo, e cosí levati a' pisani questi sussidi che gli mantenevano vivi, posarsi per quello anno, piú tosto che temerariamente andandovi a campo, perdere una tanta occasione di vendicarsi ed acconciare le cose di Siena e Lucca, gittare via una somma grande di danari, provocarsi inimico Consalvo e perdere tutta quella gloria ed onore che si era acquistato nella rotta di Bartolomeo.
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