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      Cosí non si vedere ancora sí certa la intenzione del papa e de' viniziani, che si potessi farvi fondamento al risolversene, e quando pure lo imperadore passassi, che la forza e gli apparati del re erano tali, che e' non era da giudicare cosí de facili la vittoria de' tedeschi; e però essere molto bene da considerare in quanto pericolo noi entravamo, perché fatto lo accordo, se lo imperadore non passava o passando perdeva, noi rimanavamo sanza rimedio alcuno a discrezione del re, inimico nostro ed offeso da noi, se e' vinceva, sendo lui bisognoso di danari, e non piú osservatore della fede che gli altri barbari, ed essendo la città in opinione di ricca, non gli mancherebbe in ogni modo via e cavillazione da trarci di mano nuovi danari. Da altro canto, se noi fussimo di accordo col re e lui vincessi, se bene forse non ci rendessi Pisa, noi non sentiremo altra briga e conserveremo quello che avevamo, il che non era poco in tempi sí pericolosi e forti; se e' perdessi, lo imperadore sarebbe si munto di danari che e' non mancherebbe via a posarlo con danari e forse con meno somma, perché n'arebbe allora piú bisogno, e quanto piú, che noi ci potremo scusare, non avere composto seco mentre era nella Magna, per la paura ci bisognava avere del re di Francia, mentre che era in Italia propinquo e potentissimo. Considerato adunche el tutto, doversi piú tosto seguitare la amicizia di Francia che dello imperadore, in che non essere di poco momento che noi non potavamo comporre collo imperadore se non dandogli danari e con sconcio nostro e con difficultà; dove tenendoci con Francia, non ci correva noia alcuna, perché quello re, o non ci richiederebbe di nulla o solo di qualche gente di arme, di che lo potavamo servire sanza indugio e spesa, tenendole pagate per lo ordinario e non avendo a servircene a alcuna fazione.


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Storie fiorentine dal 1378 al 1509
di Francesco Guicciardini
pagine 382

   





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