Questo era el parere de' piú savi cittadini; da altra parte el gonfaloniere, che sempre fu caldo a ogni impresa di Pisa, era di contraria opinione, e vedendo che nelle pratiche strette non era ordine a condurla la messe negli ottanta con una pratica larga, dove da principio si rimessono al parere de' piú savi, il che non satisfaccendo al gonfaloniere, non cessò mai di riproporla e sollecitarla, in modo che a ultimo si fece deliberazione che si dessi. Aiutoronlo assai a tirare questa pratica le lettere di Niccolò di Piero Capponi, el quale essendo commessario generale a Cascina, successore di Alessandro Nasi, scriveva caldamente che se questo guasto si dava, le cose di Pisa si conducevano in tanta estremità, che e' contadini farebbono tumulto in Pisa, non volendo aspettare di perdere le loro ricolte, o se pure aspettassino, la fame in ultimo gli sforzerebbe a cedere. El gonfaloniere ancora disse agli ottanta, avere in Pisa tale pratica che, come la gente nostre vi si accostassino, era da sperarne assai. Cosí si dette el guasto, e molto largamente perché e' pisani erano sí deboli di gente che e' non potettono impedirlo in alcuno modo, e nondimeno la loro ostinazione era tanta, che non feciono movimento alcuno. E quella pratica tenuta dal gonfaloniere riuscí vana, che la teneva un sensaluzzo chiamato Marco del Pecchia con messer Francesco del Lante cittadino pisano, perfido inimico nostro, e per uccellare. E cosí sempre e' savi riputorono sciocchezza el prestarvi fede, benché el gonfaloniere, troppo semplice e credolo in queste cose, vi facessi su fondamento grande.
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