Nessuno avrebbe potuto dirlo; tutto quello che si sapeva era che, al suo ritorno dall'Italia, era prete.
Nel 1804, monsignor Myriel era curato di Brignolles. Era già vecchio e viveva in una profonda solitudine.
Verso l'epoca dell'incoronazione, un affaruccio della sua parrocchia, non si sa più bene quale, lo condusse a Parigi, dove, fra le altre persone potenti, andò a sollecitare, per i suoi parrocchiani, monsignore il cardinale Fesch. Un giorno in cui l'imperatore era venuto a far visita a suo zio, il degno curato, che aspettava in anticamera, si trovò sul passaggio di sua maestà; Napoleone, vistosi guardato con una certa curiosità da quel vecchio, si voltò e disse bruscamente:
«Chi è quel dabben uomo che mi guarda?»
«Sire» disse monsignor Myriel «voi guardate un uomo dabbene, ed io guardo un grand'uomo. Ognuno di noi può trarne profitto.»
Quella stessa sera, l'imperatore chiese al cardinale il nome di quel curato e poco tempo dopo monsignor Myriel fu tutto sorpreso di venir a sapere ch'era stato nominato vescovo di Digne.
Del resto che cosa c'era di vero nei racconti che si facevano sulla prima parte della vita di monsignor Myriel? Nessuno lo sapeva, e ben poche famiglie avevano conosciuto i Myriel prima della rivoluzione.
Monsignor Myriel dovette subire la sorte di tutti coloro che giungono per la prima volta in una cittadina dove ci son molte bocche che parlano e pochissime teste che pensano; dovette subirla, sebbene fosse vescovo e appunto perché vescovo. Ma, dopo tutto, le dicerie alle quali si mescolava il suo nome forse non erano che dicerie; rumore, parole, discorsi; meno che discorsi, erano palabres, come dice l'energica lingua del mezzogiorno.
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