» Alle famiglie divise da questioni di denaro e d'eredità diceva: «Guardate i montanari di Devolny, un paese tanto selvatico, che in cinquant'anni non vi si sente cantar l'usignolo una sola volta. Ebbene: quando in una famiglia muore il padre, i figli se ne vanno in cerca di fortuna e lasciano l'eredità alle figlie, perché possano trovar marito.» Diceva ai cantoni che hanno la mania dei processi ed in cui i mezzadri si rovinano colla carta bollata: «Guardate quei buoni contadini della valle di Queyras. Sono tremila anime in tutto, ma, mio Dio! è come una piccola repubblica. Non vi si conoscono né il giudice né l'usciere, e il sindaco fa tutto: ripartisce le imposte, tassa ciascuno secondo coscienza, giudica gratuitamente le liti, divide i patrimoni senza onorari, emette sentenze senza spese. E tutti gli obbediscono, perché è un uomo giusto in mezzo a uomini semplici.» Ai villaggi dove non trovava ancora il maestro di scuola, citava ancora quelli di Queyras: «Sapete come fanno?» diceva. «Siccome un paesetto di dodici o quindici famiglie non può sempre mantenere un maestro, hanno maestri di scuola pagati da tutta la valle, che percorrono i villaggi e passano otto giorni in questo e dieci in quello, insegnando. Questi maestri di campagna si recano alle fiere, ed io li ho veduti; si riconoscono dalle penne da scrivere nel nastro del cappello. Quelli che insegnano soltanto a leggere hanno una penna, quelli che insegnano la lettura ed il calcolo ne hanno due e quelli che insegnano la lettura, il calcolo ed il latino tre; questi ultimi sono sapientoni.
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