Siccome a Digne la legna è carissima, egli aveva pensato di far fare nella stalla uno scomparto, chiuso da un tramezzo di tavole; e passava le serate, durante i grandi freddi, in quel locale, che chiamava il salotto d'inverno. In quel salotto d'inverno, come nella sala da pranzo, non v'erano altri mobili, all'infuori d'una tavola di legno bianco, quadrata, e quattro sedie impagliate, inoltre, la sala da pranzo era adorna d'una vecchia credenza di pinta in rosa, a guazzo. Dell'altra credenza uguale convenientemente agghindata di tovagliuoli bianchi e di falsi pizzi il vescovo aveva fatto l'altare, ornamento dell'oratorio.
Le sue penitenti ricche e le pie donne di Digne, spesso, avevano fatto una colletta per coprire le spese d'un bell'altare nuovo per l'oratorio di monsignore ed ogni volta egli aveva accettato il denaro e l'aveva dato ai poveri. «Il più bell'altare,» diceva, «è l'anima d'un infelice consolato, che ringrazia Dio.»
Nell'oratorio v'erano due sedie impagliate ad uso d'inginocchiatoio e, nella stanza da letto, una poltrona a bracciuoli, pure impagliata. Quando, per caso, riceveva sette od otto persone insieme, o il prefetto, o il generale, o lo stato maggiore del reggimento di guarnigione, o alcuni allievi del seminario inferiore, doveva mandar a prendere le sedie del salotto d'inverno, gli inginocchiatoi dell'oratorio e la poltrona della stanza da letto; in tal modo si potevano riunire fino ad undici seggiole per i visitatori. Ad ogni nuova visita, si sguarniva una stanza.
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Digne Digne Dio
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