Non studiava le piante, ma amava i fiori; rispettava molto i dotti e ancor più gli ignoranti; così, senza mai mancare a questi due aspetti, innaffiava le sue aiuole, tutte le sere d'estate, con un innaffiatoio di latta, dipinto di verde.
La casa non aveva una porta che chiudesse a chiave. La porta della sala da pranzo, che, come abbiamo detto, dava direttamente sulla piazza della cattedrale, era stata un tempo irta di serrature e di catenacci, come quella d'una prigione; ma il vescovo aveva fatto togliere tutta quella ferraglia e la porta, tanto di notte che di giorno, era chiusa solo col saliscendi. Il primo passante venuto, a qualunque ora, aveva soltanto da spingerla. Sul principio, le due donne s'erano assai angustiate per quella porta sempre aperta; ma monsignore aveva detto: «Se vi fa piacere, fate mettere i catenacci alle vostre porte.» Ed esse avevano finito per condividere la sua fiducia, o almeno per comportarsi come se la condividessero: solo la signora Magloire, di tanto in tanto, provava qualche spavento. Quanto al vescovo, si può trovare il suo pensiero spiegato o per lo meno accennato in queste tre righe, scritte in margine ad una bibbia: «La sfumatura, eccola: la porta del medico non deve mai essere chiusa; la porta del prete dev'essere sempre aperta.»
Sopra un altro libro, intitolato Filosofia della scienza medica, aveva scritto un'altra nota: «Non sono io forse medico al pari di essi? Anch'io ho i miei malati: prima di tutto i loro, ch'essi chiamano ammalati, e poi i miei, ch'io chiamo gli infelici.
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Magloire Filosofia
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