«Che volete dire?» ribatté il vescovo.
«Voglio dire che l'uomo ha un tiranno, l'ignoranza, e che io ho votato la fine di questo tiranno. È lui che ha generato la regalità, che è l'autorità presa dal falso, mentre la scienza è l'autorità presa dal vero. L'uomo dev'essere governato solo dalla scienza.»
«E dalla coscienza,» aggiunse il vescovo.
«Fa lo stesso. La coscienza è la qualità di scienza innata che abbiamo in noi.»
Monsignor Bienvenu ascoltava, un po' stupito, quel linguaggio, nuovissimo per lui. E il convenzionale proseguì:
«Quanto a Luigi XVI, dissi di no. Non credo d'aver il diritto d'uccidere un uomo; ma sento il dovere di sterminare il male, e votai la fine del tiranno, vale a dire la fine della prostituzione per la donna, la fine della schiavitù per l'uomo e la fine delle tenebre per il fanciullo. Questo votai, votando per la repubblica: votai la fratellanza, la concordia, l'aurora! Favorii la caduta dei pregiudizi e degli errori, e il ruinare degli errori e dei pregiudizi produce la luce. Noi, proprio noi, facemmo cadere il vecchio mondo ed il vecchio mondo, vaso di miserie, nel rovesciarsi sul genere umano è divenuto un'urna di gioia.»
«Gioia impura,» disse il vescovo.
«Potreste dire gioia torbida, ed oggi, dopo quel fatale ritorno del passato che si chiama 1814, gioia scomparsa. Ahimè! L'opera fu incompleta, ne convengo; abbiamo demolito l'antico regime nei fatti, ma non abbiamo potuto sopprimerlo del tutto nelle idee. Non basta distruggere gli abusi, bisogna modificare i costumi; ma se il mulino non c'è più, il vento c'è ancora.
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Bienvenu Luigi XVI
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