Felice chi li avvicina! Accreditati come sono, fanno piovere intorno a sé, sui faccendieri, sui favoriti e su tutta quella gioventù che sa piacere, le grasse parrocchie, le prebende, gli arcidiaconati, le cappellanie e gli incarichi maggiori, in attesa delle dignità episcopali. Mentre avanzano, fanno progredire i loro satelliti: è tutto un sistema solare in cammino. La loro porpora si riflette sul seguito e la loro prosperità si sbriciola fra le quinte in buone promozioncelle. Maggiore è la diocesi del superiore, maggiore è la parrocchia del favorito. E poi c'è Roma: un vescovo che sappia diventare arcivescovo, un arcivescovo che sappia diventar cardinale, vi porta seco come conclavista. Ed allora entrate nella sacra rota, avete il pallio, eccovi cameriere, eccovi monsignore; e dalla Grandezza all'Eminenza c'è solo un passo, come dall'Eminenza alla Santità c'è solo il fumo d'uno scrutinio. Ogni zucchetto può sognare la tiara ed il prete è oggi il solo uomo che possa regolarmente diventar re: e che re! Il re supremo. Per questo un seminario è un semenzaio d'aspirazioni. Quanti ingenui cantori, quanti abatini con in capo il vaso di latte di Pierina! E come facilmente l'ambizione (chissà? magari in buona fede e ingannandosi da sé) si chiama, lei beata, vocazione!
Monsignor Bienvenu, umile, povero e in disparte, non era contato fra le grandi mitrie; lo si vedeva, dall'assenza completa di giovani preti intorno a lui. Si è già visto che a Parigi «non aveva fatto presa». Nessun avvenire pensava ad innestarsi su quel solitario vegliardo; nessuna ambizione in erba commetteva la pazzia di verdeggiare alla sua ombra.
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