I suoi canonici ed i suoi maggiori vicari erano buoni vecchi, un poco plebei come lui, murati al pari di lui in quella diocesi senza sfogo nel cardinalato, e assomigliavano al loro vescovo, coll'unica differenza che essi erano finiti, mentr'egli era perfetto. Era tanto evidente l'impossibilità di crescere vicino a monsignor Bienvenu, che non appena usciti dal seminario, i giovani ordinati sacerdoti da lui si facevano raccomandare agli arcivescovi d'Aix o d'Auch e se ne andavano in fretta poiché, ripetiamo, si vuole far carriera. Un santo che vive in un eccesso d'abnegazione è un vicino pericoloso; potrebbe darsi che vi comunicasse per contagio una povertà incurabile o l'anchilosi delle articolazioni utili per l'avanzamento o, insomma, più rinuncia del desiderabile. Questa virtù rognosa vien sfuggita. Ecco il perché dell'isolamento di monsignor Bienvenu. Viviamo in una società grigia; riuscire, ecco l'insegnamento instillato dalla corruzione dominante.
Sia detto alla sfuggita, il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini. Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso profilo della supremazia. Il successo, sosia della capacità, sa ingannare per bene la storia; solo Giovenale e Tacito gli mormorano contro. Oggidì, una filosofia quasi ufficiale addomesticatasi col successo ne porta la livrea e serve nella sua anticamera. Se riuscite, è teoria; la prosperità suppone la capacità. Se guadagnate al lotto, eccovi diventato un uomo abile.
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