«Che cosa vuole il signore?»
«Mangiare e dormire,» disse l'uomo.
«Nulla di più facile,» replicò l'oste; ma in quel momento egli volse il capo, squadrò con un'occhiata l'insieme del viaggiatore e aggiunse: «Pagando, beninteso.»
L'uomo levò una grossa borsa di cuoio dalla tasca del camiciotto e rispose: «Ho il denaro.»
«In tal caso, sarete servito,» disse l'oste.
L'uomo rimise in tasca la borsa, si liberò dal sacco, lo posò a terra vicino alla porta, tenendo però il berretto in mano, e andò a sedersi sopra uno sgabello, vicino al fuoco. Digne è in montagna e le sere d'ottobre sono fredde.
Tuttavia, pur andando e venendo, l'oste osservava il viaggiatore.
«Si pranza presto?» chiese l'uomo. «Subito,» disse l'oste.
Mentre il nuovo venuto, volgendogli le spalle, si scaldava, il degno albergatore Giacomino Labarre si levò una matita di tasca, poi stracciò un canto d'un vecchio giornale, dimenticato su un tavolino vicino alla finestra. Sul margine bianco scrisse una o due righe, piegò senza suggellare e consegnò quel pezzo di carta a un ragazzo che pareva gli servisse ad un tempo da sguattero e da servitorello. L'albergatore disse una frase all'orecchio dello sguattero che partì di corsa, in direzione del municipio. Il viaggiatore non aveva nulla veduto di quell'armeggio; solo, chiese ancora una volta: «Si pranza presto?» «Subito,» fece l'oste.
Il fanciullo tornò: riportava il foglio. L'oste lo spiegò con premura, come qualcuno che attende una risposta; parve leggere attentamente, poi scosse il capo e rimase un momento pensieroso; finalmente fece un passo verso il viaggiatore, che sembrava immerso in riflessioni poco serene.
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Giacomino Labarre
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