Ed ora, volete che vi dica chi siete? Vedendovi entrare, ho dubitato di qualche cosa, ho mandato al municipio ed ecco quel che m'hanno risposto; sapete leggere?»
Così parlando, porgeva al forestiero, ben spiegato, il foglio inviato dall'albergo al municipio e dal municipio all'albergo.
L'uomo vi gettò una occhiata. Dopo una pausa, l'albergatore riprese:
«Ho l'abitudine d'essere cortese con tutti. Andatevene.»
L'uomo abbassò il capo, raccolse il sacco da terra e se ne andò.
Prese la strada maestra, procedendo a caso, strisciando lungo i muri delle case, umiliato e triste senza voltarsi mai. Se si fosse voltato, avrebbe veduto l'albergatore della Croce di Colbas sulla soglia della porta, circondato da tutti i viaggiatori dell'albergo e da tutti i viandanti, parlare vivacemente, mostrandolo a dito; e dagli sguardi di diffidenza e di sgomento del gruppo, avrebbe indovinato che fra poco il suo arrivo sarebbe stato il grande avvenimento della città.
Ma egli non vide nulla, di questo. Chi è triste non si volta a guardare indietro; sa purtroppo che il malanno lo segue.
Camminò così per qualche tempo, senza fermarsi, errando alla ventura per vie che non conosceva e dimenticando la stanchezza come chi è addolorato. All'improvviso sentì vivamente la fame: la notte s'avvicinava, si guardò intorno, per vedere se ci fosse un ricovero. Il bell'albergo s'era chiuso dietro lui ed egli cercava qualche taverna umilissima, qualche covo più che povero.
Per l'appunto, una luce splendeva in fondo alla via e un ramo di pino, appeso ad un braccio di ferro, si profilava sul cielo bianco del crepuscolo.
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Croce Colbas
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