Ve lo dico, a voi che passate, che qui voi siete in casa vostra più di me stesso. Tutto quello che è qui è vostro; che bisogno ho di sapere il vostro nome? Del resto, prima che me lo diceste, ne avevate già uno che conoscevo.
L'uomo aperse due occhi stupiti.
«Davvero? Sapevate come mi chiamo?»
«Sì,» rispose il vescovo «vi chiamate mio fratello.»
«Guardate, signor curato!» esclamò l'uomo. «Quando sono entrato qui avevo tanta fame; ma siete così buono, che ora non so più cos'abbia. Mi è passata.»
Il vescovo lo guardò e gli chiese: «Avete tanto sofferto?»
«Oh! Il camiciotto rosso, la palla al piede, una tavola per dormire; il caldo, il freddo, il lavoro, gli aguzzini, le bastonate! Per niente, la catena doppia; per una parola, la segreta; anche in letto, malato, la catena. I cani sono più fortunati. Diciannove anni! E ore ne ho quarantasei ed ho il passaporto giallo! Ecco!»
«È vero,» rispose il vescovo «voi uscite da un luogo di tristezza. Uditemi: vi sarà maggiore allegrezza in cielo per il viso lagrimoso di un peccatore che si ravvede, che per la bianca veste di cento giusti. Se uscite da quel doloroso luogo con pensieri d'odio e di collera contro gli uomini, siete degno di compassione; ma se ne uscite con pensieri di benevolenza, di dolcezza e di pace, siete più meritevole di ognuno di noi.»
Intanto la signora Magloire aveva servito la cena: una minestra, fatta con acqua, olio, pane, sale e un poco di lardo, un pezzo di carne di montone, dei fichi, un cacio fresco e un grosso pane di segale.
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Magloire
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