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      Insisté molto sulla buona condizione dei lavoranti di formaggi, come se si fosse augurato che quell'uomo comprendesse, senza insistere a consigliarglielo direttamente, che sarebbe stato per lui un buon posto.
      «Una cosa mi colpì. Quell'uomo era quel che v'ho detto: ebbene! Per tutta la cena, anzi in tutta la serata, mio fratello, eccetto poche parole su Gesù quando colui entrò, non disse nulla che potesse ricordare all'altro il suo stato, né fargli noto dal suo canto chi era. Eppure, in apparenza, sarebbe stata una buona occasione di un po' di predica e di far pesare il vescovo sopra il galeotto, per lasciare l'impronta del passaggio e ad un altro sarebbe forse sembrato opportuno, con quel disgraziato, di nutrirgli l'anima insieme col corpo e di muovergli qualche rimprovero, condito di morale e consigli, oppure di commiserarlo un poco, esortandolo a meglio comportarsi in avvenire. Mio fratello non gli chiese neppure di che paese fosse, né la sua storia, poiché nella sua storia v'è anche la sua colpa e mio fratello pareva evitasse tutto ciò che poteva fargliela ricordare. Tanto che ad un certo punto, mentre parlava dei montanari di Pontarlier, che hanno un dolce lavoro vicino al cielo e che, soggiungeva, sono felici perché sono innocenti, si fermò temendo che queste parole sfuggitegli non contenessero qualcosa che potesse urtare colui. A forza di rifletterci, credo d'aver capito che cosa passava nell'animo di mio fratello; egli pensava certo che quell'uomo, che si chiama Jean Valjean, aveva anche troppo presente la sua miseria e che la miglior cosa era quella di distrarlo da essa e di fargli credere, fosse solo per un momento, ch'era una persona come le altre, cosa per lui naturale.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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