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      La sera del secondo giorno fu ripreso: non aveva né mangiato né dormito da trentasei ore. Il tribunale marittimo, per questo reato, lo condannò ad un'aggiunta di pena di tre anni, portando così la condanna ad otto anni. Al sesto anno, toccò ancora a lui d'evadere ed egli ne approfittò; ma non poté riuscir a fuggire perché, essendo mancato all'appello, venne sparato il cannone d'allarme e la notte una pattuglia di ronda lo trovò nascosto sotto la chiglia d'un vascello in costruzione. Egli resistette agli aguzzini che volevano impadronirsi di lui; evasione, dunque, e ribellione. Questo fatto, previsto dal codice speciale, fu punito con un inasprimento di cinque anni, due dei quali colla doppia catena, tredici anni, quindi. Il decimo anno il suo turno giunse nuovamente ed egli ne approfittò ancora. Il tentativo fallì ancora una volta e gli fruttò altri tre anni: e sono sedici. Finalmente, credo fosse nel tredicesimo anno, tentò un'ultima volta e riuscì soltanto a farsi riprendere dopo quattro ore d'assenza. Ebbe tre anni, per queste quattro ore: totale diciannove anni. Nell'ottobre del 1815 fu messo in libertà; era entrato laggiù nel 1796, per aver rotto un vetro e preso un pane.
      Una breve parentesi. È questa la seconda volta che, nei suoi studi sulla questione penale e sulla condanna sancita dalle leggi, l'autore di questo libro incontra il furto d'un pane come punto di partenza della rovina di una vita. Claudio Gueux aveva rubato un pane e Jean Valjean aveva rubato un pane; una statistica inglese constata che, a Londra, quattro furti su cinque hanno per causa immediata la fame.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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