Egli impugnò quel paletto colla destra e, trattenendo il respiro e smorzando il rumore dei passi, si diresse verso la porta della camera vicina, quella del vescovo, come è noto. Trovò la porta semiaperta: il vescovo non l'aveva chiusa.
XI • COME SI COMPORTAJean Valjean stette in ascolto; nessun rumore.
Allora spinse la porta colla punta del dito, colla dolcezza furtiva e inquieta d'un gatto che vuole entrare; e la porta cedette alla pressione, con un movimento impercettibile e silenzioso che allargò un poco l'apertura.
Attese così un momento, poi spinse la porta una seconda volta, più energicamente. Essa continuò a cedere in silenzio, così che ormai l'apertura era sufficiente perché egli potesse passare; ma vicino alla porta v'era un tavolino, che faceva con essa un angolo incomodo e sbarrava l'ingresso.
Valjean riconobbe la difficoltà. Era necessario allargare ancora l'apertura a qualunque costo, e perciò si decise e spinse una terza volta la porta, più fortemente. Stavolta, un cardine mal unto gettò all'improvviso, in quell'oscurità, un suono rauco e prolungato. Valjean trasalì; il rumore di quel cardine gli risuonò all'orecchio lacerante e formidabile, come la tromba del giudizio universale. Con la fantasia paradossale di quell'attimo, si figurò perfino che quel cardine si fosse animato, avesse preso all'improvviso una vita terribile; gli parve abbaiasse come un cane, per avvertir tutti e svegliare gli addormentati.
Si fermò, fremente e smarrito, ricadendo sui talloni. Sentiva le arterie battergli contro le tempie come martelli, gli sembrava che il respiro gli uscisse dal petto col rombo del vento da una caverna.
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Valjean
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