Non ne so nulla.»
«Oh, grande e buon Dio! L'hanno rubata! L'ha certo rubata l'uomo di ieri sera!»
E in un batter d'occhio, con tutta la vivacità di vecchietta svelta, la signora Magloire corse all'oratorio, entrò nell'alcova e tornò dal vescovo, che s'era chinato e stava osservando, con un sospiro, una pianta di coclearia dei Guillons che il paniere aveva rotta, cadendo attraverso l'aiuola. Si rialzò al grido della signora Magloire.
«Monsignore! L'uomo è partito e l'argenteria è sparita!»
E, mentre gettava questa esclamazione, i suoi occhi si fissavano sopra un angolo del giardino dove si scorgevan le tracce d'una scalata; la sommità del muro era sgretolata.
«Guardate: se n'è andato di là! È saltato nel vicolo Cochefilet! Che vergogna! Ed ha rubato la nostra argenteria!»
Il vescovo restò un momento silenzioso, poi alzò gli occhi seri e disse con dolcezza alla signora Magloire:
«Prima di tutto, era nostra quell'argenteria?»
La signora Magloire rimase stupefatta. Vi fu una pausa ancora, poi il vescovo continuò:
«Signora Magloire, da troppo tempo, ed a torto, io mi tenevo quell'argenteria. Essa era dei poveri. Ora, chi era quell'uomo? Evidentemente un povero.»
«Oh mio Gesù!» replicò la signora Magloire. «Non parlo per me e per la signorina. A noi fa lo stesso; ma è per monsignore. Con che cosa mangerà monsignore, adesso?»
Il vescovo la guardò con aria stupita.
«O bella! Non ci son forse posate di stagno?»
La signora Magloire alzò le spalle.
«Lo stagno ha un certo odore...»
«E allora, posate di ferro.
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