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La signora Magloire fece una smorfia significativa.
«E il ferro ha un certo sapore!»
«E sia!» disse il vescovo. «Posate di legno.»
Poco dopo, egli faceva la colazione mattutina a quella stessa tavola dove Valjean s'era seduto la sera prima. Mentre mangiava, monsignor Bienvenu faceva allegramente notare alla sorella, che non diceva nulla, ed alla signora Magloire, che brontolava fra i denti, che non v'è alcun bisogno di cucchiaio o forchetta, neppur di legno, per intingere un pezzo di pane in una tazza di latte.
«Ma si può immaginare una cosa simile?» diceva fra sé la signora Magloire mentre andava e veniva. «Ricevere un uomo come quello! Dargli alloggio vicino a sé! E meno male che non ha fatto che rubare! Oh, mio Dio, c'è da tremare solo a pensarci!»
Mentre il fratello e la sorella stavano per alzarsi da tavola, bussarono alla porta.
«Entrate,» disse il vescovo.
La porta s'aperse con violenza ed un gruppo strano apparve sulla soglia. Tre uomini ne tenevano un quarto per il bavero; tre erano gendarmi, il quarto Jean Valjean. Un brigadiere, che pareva guidasse il gruppo, stava presso alla porta; entrò e s'avanzò verso il vescovo, facendo il saluto militare.
«Monsignore...» disse.
A quella parola, Valjean, ch'era cupo e pareva abbattuto, rialzò il capo con aria stupita.
«Monsignore?» mormorò. «Non è dunque il curato?»
«Silenzio!» disse un gendarme. «È monsignor vescovo.»
Intanto monsignor Bienvenu s'era avvicinato con tutta la vivacità concessagli dalla sua tarda età.
«Oh, eccovi!» esclamò, guardando Valjean.
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