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      Talvolta avrebbe preferito finire in prigione coi gendarmi, piuttosto che veder le cose andare in quel modo; sarebbe stato meno agitato. Benché la stagione fosse avanzata, v'erano ancora, qua e là nelle siepi, fiori tardivi e l'odore gli richiamava alla memoria ricordi di infanzia, quasi insopportabili, dopo così gran tempo dimenticati.
      Tutto il giorno s'accumularono in lui pensieri sopra pensieri, tutti inesprimibili. Quando il sole declinò ad occidente allungando sul suolo l'ombra d'ogni piccolo ciottolo, Valjean si trovò seduto dietro un cespuglio, in una gran pianura rossastra deserta. Solo le Alpi si profilavano all'orizzonte; nessun campanile di villaggio lontano. Poteva essere a tre leghe da Digne; un sentiero che attraversa la pianura s'apriva a pochi passi dal cespuglio.
      Meditava coperto dei suoi cenci spaventosi allo sguardo di chiunque l'avesse incontrato, quando sentì un suono allegro. Volse il capo e vide venire dal sentiero un piccolo savoiardo di circa dodici anni, che cantava, colla ghironda al fianco e la gabbia della marmotta sulla schiena; uno di quei buoni e allegri ragazzi che vanno di paese in paese, cui escono le ginocchia dai buchi dei calzoni. Mentre cantava, il fanciullo interrompeva di tanto in tanto il cammino e giocava con alcune monete che teneva in mano e che eran probabilmente la sua fortuna, ve n'era una da quaranta soldi.
      Il fanciullo si fermò a fianco del cespuglio senza vedere Valjean e fece saltar la manata di soldi che fino allora aveva ripresa tutta, con discreta abilità, sul dorso della mano; ma stavolta la moneta da quaranta soldi gli sfuggì e andò a rotolare verso il cespuglio, fino a Valjean.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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