Incontrò un prete a cavallo; gli andò vicino e gli chiese:
«Signor curato, avete visto passare un ragazzo?»
«No,» disse il prete.
«Un ragazzo che si chiama Gervasino?»
«Non ho visto nessuno.»
Si cavò di tasca due monete da cinque franchi e le consegnò al prete.
«Per i vostri poveri, signor curato. Sentite, è un fanciullo di circa dieci anni che ha una marmotta, mi pare, e una ghironda. Se ne andava: uno di quei piccoli savoiardi, sapete?»
«Non l'ho proprio visto.»
«Gervasino? Ma non ci sono paesi qui? Non sapreste dirmi?»
«Se è come dite voi, amico mio, è un ragazzo forestiero; ne passano diversi, in paese, ma nessuno li conosce.»
Jean Valjean prese d'impeto altri due scudi, che diede al prete.
«Per i vostri poveri,» disse. Ed aggiunse poi in tono smarrito:
«Fatemi arrestare, signor abate. Sono un ladro.»
Il prete diede di sprone e fuggì via tutto spaventato, mentre l'altro si rimetteva a correre nella direzione di prima.
Fece in tal modo un percorso piuttosto lungo, guardando e chiamando e gridando; ma non incontrò più nessuno. Due o tre volte corse verso qualcosa che gli faceva l'effetto d'un essere coricato o raggomitolato e non era che uno sterpo, una roccia a fior di terra. Finalmente, in un punto dove s'incrociavano tre sentieri, si fermò. La luna era spuntata e aguzzò lo sguardo lontano gridando ancor una volta: «Gervasino! Gervasino! Gervasino!» Il grido si spense nella nebbia, senza neppur risvegliare una eco. Mormorò ancora: «Gervasino!» con voce debole e quasi inarticolata: e fu il suo ultimo sforzo.
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Gervasino Valjean
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