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      I parigini guardavano quella cosa inutile con indifferenza. Vaublanc, riformatore dell'Istituto mediante colpo di stato, decreto e infornata, autore distinto di molti accademici, non riusciva, dopo averne fatti tanti, ad esserlo egli pure. Il sobborgo di Saint Germain ed il padiglione Marsan si auguravano prefetto di polizia Delaveau, per via della sua devozione. Dupuytren e Récamier venivano a parole nell'anfiteatro della Scuola di medicina e si minacciavano col pugno a proposito della divinità di Gesù Cristo; e intanto Cuvier, con un occhio sulla Genesi e l'altro sulla natura, si sforzava di piacere alla reazione bigotta, mettendo d'accordo i fossili coi testi e facendo adulare Mosè dai mastodonti. Francesco di Neufchateau, lodevole cultore della memoria di Parmentier, faceva mille sforzi perché la patata fosse chiamata parmantiera, senza riuscirvi menomamente. L'abate Grégoire, antico vescovo, antico convenzionale e antico senatore, era passato nella polemica realista allo stato «d'infame Grégoire». Codesta locuzione da noi ora impiegata, passare allo stato di, era denunciata come un neologismo dal Royer-Collard. Si poteva ancor distinguere per la sua bianchezza, sotto il terzo arco del ponte di Jena, la pietra nuova colla quale, due anni prima, era stato turato il foro da mina praticato da Blücher, per far saltare il ponte. La giustizia chiamava alla sbarra un uomo che, vedendo entrare il conte d'Artois a Notre-Dame, aveva esclamato ad alta voce: Perdìo! Rimpiango i tempi in cui vedevo Bonaparte e Talma entrare a braccetto al Bal-Sauvage.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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