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Tholomyès s'interruppe.
«Riprendi fiato, Tholomyès,», disse Blanchevelle.
E contemporaneamente, sostenuto da Listolier e da Fameuil, intonò, sopra un'aria lamentosa, una di quelle canzoni goliardiche, colle prime parole capitate, rimate troppo o nulla e vuote di senso come il gesto dell'albero o il rumore del vento, che nascono dai fumi delle pipe e si dissipano e dileguano con essi. Ecco con quale canzonetta il terzetto ribatté all'arringa di Tholomyès:
Les pères dindons donnèrentDe l'argent à un agent
Pour que mons Clermont-Tonnerre
Fût fait pape à la Sant-Jean;
Mais clermont ne put pas êtreFait pape, n'étant pas prêtre;
Alors leur agent rageantLeur rapporta leur argent.
Ciò non era precisamente adatto a calmare l'improvvisazione di Tholomyès, che vuotò il bicchiere, lo riempì di nuovo e ricominciò:
«Abbasso la saggezza! Dimenticate tutto quello che ho detto: non dobbiamo essere né schifiltosi né probi. Faccio un brindisi all'allegria: allegri! Completiamo il nostro corso di diritto colla pazzia e con una buona mangiata: indigestione e digesto. Giustiniano sia il maschio e Crapula la femmina! Allegria fin in fondo! Vivi, o creazione! Io sono felice; e gli uccelli sono meravigliosi. Che festa dappertutto! L'usignuolo è un Alleviou gratuito. Io ti saluto, estate; o Lussemburgo, o georgiche della via Madama e del viale dell'Osservatoire. O fantaccini meditabondi! Oh, quelle graziose bambinaie che, mentre custodiscono i bimbi, si divertono a sbozzarne qualcuno! Le pampas dell'America mi piacerebbero, se non avessi già i portici dell'Odéon; la mia anima è rapita nelle foreste vergini e nelle savane.
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