All'improvviso, un uomo d'alta statura uscì vivacemente dalla folla, afferrò la donna per il corpetto di raso, coperto di fango, e le disse: «Seguimi!»
La donna alzò il capo e la sua voce furiosa si spense. Aveva gli occhi vitrei e da livida era diventata pallida, mentre tremava di terrore. Aveva riconosciuto Javert.
L'elegante aveva approfittato dell'incidente per svignarsela.
XIII • RISOLTE ALCUNE QUESTIONI DI POLIZIA MUNICIPALEJavert si fece largo fra i presenti, attraversò il capannello e camminò a gran passi verso l'ufficio di polizia, all'estremità della piazza, trascinandosi dietro l'infelice, che lo seguiva macchinalmente; né lui né lei dicevano parola; la calca degli spettatori, al parossismo dell'allegria, li seguiva con mille frizzi: poiché la suprema miseria porge occasione alle oscenità.
Giunto all'ufficio di polizia, una sala a pianterreno, riscaldata da una stufa e custodita da un posto di guardia, con una porta inferriata a vetri, sulla via, Javert aperse la porta, entrò con Fantine e richiuse la porta dietro a sé, con gran disappunto dei curiosi, che s'alzarono sulla punta dei piedi ed allungarono il collo davanti al vetro appannato del corpo di guardia, cercando di vedere. La curiosità è una specie di ghiottoneria: vedere, è divorare.
Fantine, quando fu dentro, andò a cadere in un angolo, immobile e muta, rannicchiata come una cagna impaurita.
Il sergente del posto portò una candela accesa sulla tavola. Javert sedette, levò di tasca un foglio di carta bollata e si mise a scrivere.
| |
Javert Javert Fantine
|