Bisogna bene che si divertano in qualche modo; e noi siamo ben lì perché si divertano, diamine! E poi, voi capitate lì e siete costretto a rimettere l'ordine ed a condurre con voi la donna che ha torto; ma poi, pensandoci, siccome siete buono, dite di mettermi in libertà: per la piccola, perché sei mesi di prigione mi vieterebbero di dar da mangiare alla mia bambina. Solo, non ricascarci più, briccona! Oh, signor Javert, non ci ricascherò più! Qualunque cosa vogliano farmi, ora, non mi muoverò più. Soltanto, oggi ho gridato perché m'aveva fatto male e non m'aspettavo la neve di quel signore; e poi, come v'ho detto, non mi sento troppo bene, tossisco, ed ho nello stomaco come una palla che mi brucia, tanto che il medico mi dice: curatevi. Su toccate; datemi la mano, non abbiate paura, è proprio qui.»
Ella non piangeva più, la sua voce era carezzevole, mentre appoggiava contro il petto bianco e delicato la manaccia rude di Javert, guardandolo con un sorriso.
Ad un tratto, riparando vivacemente al disordine del suo abbigliamento, lasciò ricadere le pieghe del vestito che s'era rialzato, mentre si trascinava per terra, quasi fino al ginocchio, e s'avviò verso la porta, dicendo a bassa voce ai soldati, con un amichevole cenno del capo:
«Ragazzi miei, il signor ispettore ha detto di lasciarmi andare ed io me ne vado.»
E mise la mano sul saliscendi. Un passo ancora, ed era in istrada.
Javert, fino a quel momento, era rimasto in piedi, immobile, l'occhio fisso a terra, ingombrando quella scena come una statua fuori posto, che aspetti d'essere collocata; il rumore del saliscendi lo risvegliò. Rialzò il capo con espressione di sovrana autorità, quell'espressione tanto più spaventosa quanto più in basso è collocato il potere e che, selvaggia nella bestia feroce, è atroce nell'uomo dappoco.
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Javert Javert
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